Una fra le birre più difficili da “farsi piacere”, la Gose è oggetto di una riscoperta in tempi recenti. Fenomeno inspiegabile se si considerano le peculiarità del suo insolito mix di ingredienti: frumento, malto d’orzo, coriandolo, lattobacilli e…..sale! Frutto di un antico stile brassicolo tedesco, la Gose prendo il nome dall’omonimo fiume che attraversa Goslar, cittadina della Sassonia, importante centro minerario famoso per le cave di sale e altrettanto rinomato centro birrario fin dai tempi di Ottone III. E proprio per via del sale, che si riversava nell’acqua delle fonti utilizzate dai birrai, la Gose risulta essere, per tradizione, salata. Essendo una specialità della Sassonia, la Gose dovette ottenere una deroga al Reinheittsgebot, il cosiddetto editto di purezza, che ne permise la produzione e la commercializzazione. A seguito del declino delle miniere, la Gose traslocò, insieme ai migranti in cerca di lavoro, a Lipsia, dove la più antica licenza di produzione rilasciata da comune porta la data del 1738.
Il successo della Lipziger Gose fu tale che il comune originario di Goslar ne vietò definitivamente la produzione nel 1826 a favore di specialità birrarie più redditizie, lasciando così campo libero ai birrai di Lipsia. Le due Guerre Mondiali e il regime totalitario della ex D.D.R. portarono successivamente ad un rapido declino della produzione di Gose a Lipsia, fino alla totale scomparsa nel 1966. Solo nel 1985 la produzione ebbe nuovamente inizio grazie alla testardaggine di un publican di Lipsia, Lothar Goldhahn, deciso a recuperare per il suo locale l’antica ricetta da un ex dipendente dell’ultimo birrificio attivo e a rimetterla in produzione a proprie spese.
La tipica acidità lattica facilmente rilevabile al gusto è, oggi, ottenuta con l’inoculo di lattobacilli, ma in passato queste birre risultavano essere fermentate in modo spontaneo, come riportato da una descrizione tedesca del 1740. E’, tuttavia, possibile che l’aggiunta di lattobacilli sia stata a lungo uno dei segreti produttivi di questo stile. Il metodo di maturazione, ben diverso dalle altre birre tedesche del XIX secolo, prevede che la birra venga spedita alle taverne ancora in fase di vigorosa fermentazione in botti di legno. Terminata questa fase è, quindi, possibile passare all’imbottigliamento nelle pittoresche bottiglie dal lungo collo dove il movimento dei lieviti, ancora attivi, provvede a creare un blocco naturale così da evitare l’uso di tappi.
Birra ad alta fermentazione ma dalla bassa gradazione alcoolica, presenta un colore che va dal giallo paglierino all’arancione intenso con un persistente cappello di schiuma. Delicata e dall’amaro quasi impercettibile, data la scarsa luppolatura, ha il tipico finale secco, acidulo e leggermente salino che ne fanno una birra dissetante e beverina, ideale per annaffiare uno stinco di maiale al forno